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LE CHIESETTE

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SAN SALVATORE

Già   annoverata   nella visita   di S. Carlo del 1575:

"L'oratorio di S. Salvatore, campestre, ha un unico altare non più decoroso. Ha un reddito di venti soldi, senza oneri, che percepisce il rettore; non vi si celebra; tolto l'altare, sia chiusa entro tre giorni".

La chiesa di S. Salvatore rimase chiusa presumibilmente fin dopo il compimento della nuova chiesa di S. Lorenzo.

Nel frattempo i danni continuarono, poiché al tempo del rifacimento dell'antica chiesa erano rimasti solo brani dei muri perimetrali.
E' la più antica del luogo, forse contemporanea a quella di S. Pietro, per la zona di campagna ad ovest.

Servì da lazzaretto in varie epoche di epidemia: ultimamente durante il colera della seconda metà dell'ottocento, e ancora nel 1911 come risulta da lettera del sindaco che la requisisce. 
Tale uso spiegherebbe gli sbiancamenti e gli intonaci che coprirono gli affreschi alle pareti, tornati ora alla luce. La data del rifacimento col prolungamento ad est e l'innalzamento totale potrebbe essere quella segnata sull'affresco di S. Fermo: 1644. Nell'altro affresco è raffigurato S. Carlo; il Crocifisso, che stava su pseudo architrave ligneo all'ingresso del presbiterio, ha sostituito la tela irrecuperabile della Trasfigurazione del Marenzi, del seicento.
A novembre del 1979 iniziarono i lavori dell'ultimo rifacimento radicale, con la sostituzione del tetto. Viene tolta la campana dal campanile a vela che deve essere rifatto: diametro cm. 44, h. cm. 37; ditta fonditrice "B. Chiappani, Tridenti MDCCCLVI". 
Si toglie tutto l'intonaco esterno e si fissano a vista pietre e sassi a cemento ricoperto da calce, lasciandone un saggio che porta la data 1710.
La stessa operazione si ripete all'interno, evidenziando gli affreschi alle pareti.
All'esterno e all'interno appaiono evidenti gli innesti di muri nuovi su antichi e una finestrella (cm. 110 x 65) del periodo preromanico, chiusa con pietre e pezzi di tegole romane.
Internamente parte del muro basso verso l'angolo ovest, evidenzia la struttura d'epoca carolingia; presso lo stipite della porta di sagrestia c'è il resto di una finestrella monofora a strombatura.


Gli affreschi: l'Annunciata del quattrocento, con scrittura gotica in cornice e graffiti posteriori (1509 Adì 7 luyo);

S. Giacomo, frammento datato 1542; Cristo porta croce e Santi (1522); Madonna con Bambino (sinopia del seicento).

Nella rimozione del pavimento le maggiori sorprese: un secondo pavimento trenta centimetri sotto quello in cotto, con un lastricato al centro e ciottolato ai lati; poi un fondamento ad arco con pietre, e due punti in avanti, rispetto agli estremi dell'arco, con terra smossa mista a cocci di laterizi romani e carbone. Poco avanti, altro fondamento retto a doppio ordine di pietre; e finalmente il terzo fondamento dell'abside romanica, al quale si è data particolare evidenza.
Nostra interpretazione: tempietto romano (siamo sulla direzione della strada romana Telate-lago) sul quale è stata costruita la chiesa paleo cristiana (muro retto), sostituita dalla romanica (sec. XII) ampliata nella forma attuale, come si è detto, nel milleseicento.
All'esterno, sotto la finestra, a sinistra della facciata, si è trovata una tomba in pietra, con resti mortali composti. Altre tombe si dice siano state trovate nei pressi, durante la posa dell'acquedotto delle valli.

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SAN ROCCO

Leggiamo negli atti della visita di S. Carlo:
"L'oratorio di S. Rocco ha due altari. Qui non si celebra. Non ha redditi né oneri. Tolto l'altare, sia chiuso entro tre giorni".
E' una storia che si ripete per il cattivo stato in cui si trovano chiese come questa. Si tratta di chiesa pubblica fatta dalla popolazione come invocazione di protezione al santo in tempo di calamità. 
Negli affreschi già del millequattrocento e soprattutto del millecinquecento (vedi S. Salvatore) spesso troviamo la figura di S. Rocco accanto a quella di S. Sebastiano contro la peste, assai frequente in quei secoli.
Dove fosse esattamente non ci è dato sapere. Si dice solo che stava dopo il ponte della Valle sulla strada del Porto. E dalla popolazione fu riparata quella come la seguente, che veniva rifatta, circa alla metà dell'ottocento, spostandola verso il ponte per dar luogo al nuovo tratto della strada per Calepio. Nel "libro dei legati in folio Oratorio S. Rocco" della fabbriceria troviamo: "Questo oratorio venne eretto in occasione del morbo del colera nell'anno 1838, fatta allora la devozione di erigerlo con elemosine private; ed attualmente, 1851, i lavori sono quasi arrivati a compimento per ciò che si aspetta a fabbrica".
Costruita su disegno dell'ingegnere Cancelli su suo terreno (senza passaggio di proprietà del fondo) si compiva il lavoro nel 1852, com'era scritto sul pavimento presso l'entrata.
La singolare forma veniva apprezzata anche dall'ingegnere architetto Luigi Angelini nella sua raccolta di disegni (1926).
Nell'ancona dell'altare sopra la tela di S. Rocco dell'ottocento, nella lunetta c'è un affresco con Madonna e Bambino al seno (fine '500), tagliato dalla chiesa precedente e qui inserito.
Al lato sinistro l'adorazione dei Magi, bella tela del cinquecento, con colori fortemente ossidati.
A destra la tela del Ceresa con la Madonna del Suffragio. 
Buona cassapanca dietro l'altare di marmo, e antico armadio con arredi in sagrestia. 
La statua di S. Rocco fu eseguita nel 1895 dallo scultore Bettinelli di S. Andrea in Bergamo su bozzetto dell'accademia Carrara.

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SANCTA MARIA AD NIVES

Dopo le basiliche costantiniane in Roma, al tempo di Papa Liberio fu costruita sul colle Esquilino la prima chiesa dedicata alla Madonna, rifatta un secolo dopo da Sisto III (432-440) a ricordo del Concilio di Efeso che, proclamando la natura divina di Cristo, riconosceva la Vergine Maria "Madre di Dio".
La basilica detta all'inizio liberiana S. Maria ad nives, viene poi denominata S. Maria Maggiore.
La nobile famiglia Marenzi, dedicando alla Madonna l'oratorio familiare, volle ricordare qui l'illustre basilica romana.
Sorta questa chiesa verso l'anno 1630, data segnata sulla campana assieme al nome di Teseo Marenzi, rimase privata fino a poco tempo fa, quando gli ultimi acquirenti del palazzo già Colleoni, ne fece dono alla parrocchia.
Negli ultimi tempi, minacciando rovina, alcuni volontari si impegnarono ad effettuare le necessarie riparazioni. Ultimati i lavori, in attesa dell'inaugurazione ufficiale, la chiesa veniva riaperta per la benedizione degli ulivi la domenica delle palme del 1983.
Ha un unico altare con bella tela di anonimo del seicento: la Madonna in gloria con Bambino e ai piedi la sagoma della basilica romana, ha ai lati i santi Francesco e Antonio. 
Buona anche la piccola tela seicentesca con Madonna e Bambino, sul lato.
Bella pianeta antica in damasco - oro a rilievo. Alcune buone tovaglie e camice con pizzo a filet.
Particolarmente apprezzate e perciò singolarmente inventariate anche le targhe moderne della Via Crucis dell'artista locale Nicola Seghezzi.

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CHIESETTA DEGLI ALPINI

Nel 1967 il Gruppo Alpini di Castelli Calepio pensa di costruire sulla collina una chiesetta a ricordo degli Alpini caduti nell'ultimo conflitto, particolarmente, ma non solo, sul fronte russo.
Individuato il terreno tra la proprietà dell'Ospizio Calepio e la famiglia Belotti, su disegno del geometra Benedetto Croce, in cima a una lunga scalinata a vari ripiani, opera degli Alpini stessi, sorge la chiesetta, che viene inaugurata l'11 giugno 1972 e dedicata alla Madonna delle nevi. Regolata da speciale convenzione tra Gruppo Alpini e Chiesa parrocchiale di Tagliuno, viene fatta donazione alla parrocchia stessa che assicura il servizio religioso nella medesima.
Nella zona, sempre ad opera del Gruppo Alpini, viene creato il parco col bivacco, da loro curato e sorvegliato, a disposizione di chi vorrà servirsene.
Sullo slargo all'ultima curva, ai piedi della scalinata, nel 1988 viene posto un bel Crocifisso degli scultori della Val Gardena.

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